Il sorriso di una tradizione che grida al mondo bianco che la semplice gioia quotidiana rimarrà sempre proprietà dei Neri – Nicola Canestrari

Ventisettesima “Lettera dalla missione”. Ce la scrive Nicola, volontario Urukundo in Burundi da 5 mesi.

Cari Ragazzi/Ragazze,

Mi dispiace che non vi scrivo da un pochino. Il fatto è che da due settimane siamo entrati nel periodo degli esami. Quindi fra la scuola la mattina e il collegio il pomeriggio, sono alquanto occupato. Il tempo per scrivere a volte mi manca. In questo periodo mi succede di arrivare alla sera, veramente stanco dall’intensità della giornata vissuta. Stanco ma al contempo gioioso. Gli esami termineranno alla fine della prossima settimana. Dopo di che entreremo definitivamente nel periodo di vacanza. Non vedo l’ora di poter riprendere un po’ fiato, facendo qualche piccolo viaggetto o bene riposandomi nelle mie lunghe passeggiate in natura. Come Penso, molti fra di voi sapranno già che il Burundi ha la nomea del Paese dalle mille colline. Colline che sono verdi, e allo stesso tempo direi colorate d’incanto. Colline che al contempo fungevano da campi di battaglia durante le continue e fratricide guerre, che hanno pervaso e massacrato il popolo burundese. Come scrivevo in altre lettere, passeggiare mi permette in una certa maniera di liberarmi, almeno temporaneamente, di una pesantezza che spesso compone la vita Africana. Pesantezza che in vero viene vissuta soprattutto da degli occhi stranieri, come sono i miei. Per loro, gli autoctoni, sembra che tutto proceda come è sempre stato, e come d’altronde sempre sarà. Ciò che io percepisco come Follia, loro lo sentono come una normale Normalità che scorre nelle loro vene e che sempre in tale maniera scorrerà. Pesantezza che ancora una volta, inghiottisce me e non loro, poiché gli afrBurundi-circled4icani sono forti. Gli Africani hanno sempre sorriso alla vita. È incredibile il loro spirito di adattamento alle mille accecanti difficoltà che compongono la loro vita di tutti i giorni. Il Burundi da quando ha vissuto la cosiddetta decolonizzazione, fra l’altro denigrante concetto che io trovo alquanto artificioso e ipocrita poiché la colonizzazione non è mai finita, è quasi sempre stato in una guerra continua. Per tutta risposta, i Burundesi continuano a sorridere come se nulla fosse. Essi possono avere i più grandi fastidi interiori, ma in ogni caso non ho mai visto un burundese che non apra le sue labbra per sorridere di fronte alla vita. Questa piccola gioia innata nei loro occhi, gli aiuta a vivere malgrado tutto. Li aiuta incessantemente a continuare a sperare. A volte mi risulta molto difficile riuscire a comprendere la loro forza, la loro volontà di vita. Forse è proprio per questo, che in un certo senso il mio cammino nella terra burundese sarà sempre illuminato da paradossi e incomprensioni. È un mondo così differente nei suoi colori, e nelle sue forme di vita che cercare di abbracciarlo, diviene un processo interiore pieno di voli alti e di cadute profonde che ti affascinano, ma che allo stesso tempo ti fanno tanto soffrire e riflettere a lungo. Penso di non avere mai provato qualcosa di simile nella mia piccola e corta vita. Ritrovarmi cosi a fondo davanti a me stesso, e allo stesso tempo così all’improvviso, mi spaventa. Sì a volte provo una certa sorta di paura, perché mi dico che sono finito in un circolo di vita più grande e più vasto di me. Un circolo di emozioni e di sensazioni che molto spesso non riesco a canalizzare, e che quindi finiscono per travolgermi. Resto felice della mia scelta, poiché la cercavo da tanto tempo e finalmente la sto vivendo. Resto felice nella mia sofferenza. Infatti come ripeto spesso, tante cose mi intristiscono buttandomi inevitabilmente giù di morale. Cose che spesso rimandano più a una cultura bianca dominatrice sardonica e perniciosa della storia, che di una cultura Nera dominata e in un certa maniera ancora schiava di quell’opportunismo occidentale. Cultura Nera che per contro ha sempre reagito alla vita con un lungo sorriso, poiché il sorriso non si può togliere e non si può comprare. Poiché il loro sorriso, è il sorriso di una tradizione che grida al mondo bianco che la semplice gioia quotidiana rimarrà sempre proprietà dei Neri, a discapito degli infelici bianchi colonizzatori. Quando mi vedo così preso, e così impegnato nella lotta dei colori, che in realtà purtroppo simboleggiano molto più di un semplice colore, mi domando incessantemente perché io ne soffra così tanto. Me lo chiedo giorno dopo giorno, e ancora dopo quasi 5 mesi di vita in Burundi, non riesco a trovare una risposta esaustiva e soddisfacente. Quindi continuo a cercare, ovvero continuo a soffrire. Una volta il Diso mi disse che l’Africa non è per tutti, poiché essa ha la magia di mettere l’uomo finalmente di fronte a se stesso. Incontro, che molto spesso si tramuta in scontro, che è perpetuo e sempre costante. L’Africa non ti lascia scampo. Devi assolutamente presentarti in un modo o nell’altro davanti a te stesso. Ed è proprio lì che riposa l’altalena africana. Sta soltanto in noi il voler cercare di dondolarcisi sopra, o bene evitarla. Devo ammettere che quell’altalena interiore mi ha sempre affascinato così tanto, che ne sono finito perdutamente innamorato. Innamorato della ricerca, innamorato di provare almeno a comprendere che cosa succede dentro di me. E adesso una sorta di fuoco si è illuminato dentro di me. Un fuoco che tante volte mi scalda, ma che al contempo tante altre mi brucia. Come mi ripete sempre il mio caro e saggio responsabile il mio problema principale, è che non riesco ad accettare il colore della mia pelle come il colore che qui in Africa ha fatto strage e panico ovunque è andato. Non riesco ad accettarmi come figlio di una razza bianca che nel corso della storia non ha dimostrato altro che di essere una razza di assassini crudeli e insensibili. Personalmente penso che in parte lui abbia ragione, ma allo stesso tempo credo che il mio furore provenga dal fatto che Nicola sar_DSC0456à sempre un appetitosissimo soldo bianco che cammina per le strade del Burundi. Più precisamente per le buche del Burundi. Sarò sempre riconosciuto per i miei cosiddetti soldi. Per il mio fantomatico prestigio esteriore. È come se fossi un dorato vapore di uomo bianco che respira soldi e che non fa altro che produrli. Sono venuto qua perché ero terribilmente stanco di tutto questo avvelenato marciume nauseante, che l’abuso del soldo produce intorno a lui, intorno a noi tutti. Ed eccomi qui in Burundi per essere continuamente bollato come quell’esecrabile soldo sprecato che tanto detestavo. Ed eccomi qui per ritrovarmi giorno dopo giorno sbattuto in faccia la mia origine bianca. Origine ricca. Origine portatrice irreversibile di soldi. L’uomo bianco cammina per distribuire ovunque soldi, poiché alla fine è questo ciò che rappresentiamo per gli Africani: L’esempio della magica ricchezza esteriore. Sono riconosciuto momento dopo momento come esempio perfetto di tutto quello che più odio nella mia vita. Sono riconosciuto come simbolo di ciò che più volevo allontanare da me, e dalla mia vita. In fin dei conti, è anche un po’ questo la verità dell’Africa. La verità che tante volte i sogni sono belli, ma la realtà è molto più dura e diretta. Essa ha la forza di sbatterti contro un muro spesso insormontabile. Muro che almeno qui in Burundi, è stato creato da l’uomo Bianco. Banco come me. Bianco come ognuno di voi.
Detto questo non pensiate che abbia paura, o bene che sia demotivato.
Il mio desiderio di continuare è un desiderio che non può addormentarsi, poiché ho voglia di cercare di capire. Ho voglia di vedere fin dove i miei pensieri possono arrivare.

Abbraccio a voi tutti come se foste qui accanto a me.
Trasportati noi tutti da un Amore Celeste che, a differenza dell’Uomo, comprende l’incomprensibile condivido con voi la gioia di un sorriso. Lo stesso sorriso gioioso che il Sole e la Pioggia condividono con i Burundesi giorno dopo giorno.

Buon cammino a tutti voi.

Nicola

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