Incontro Don Luciano Gattei una Domenica pomeriggio di un Febbraio che sembra avere tutto tranne l’aria di un pomeriggio invernale: il sole scalda a sufficienza per poterci sedere a far due chiacchiere su una panchina rivolta verso le colline già verdeggianti. Ci siamo dati appuntamento all’oratorio di Vergineto, dopo tanti anni di Africa, Luciano è da poco parroco di Barchi e delle comunità annesse e non si smentisce iniziando la nostra chiacchierata con una delle sue solite battute: “ma scusa sei venuto in Africa quattro volte e mi vieni a chiedere com’è l’Africa?”. Obbiettivamente non fa una piega. Ma cerco comunque di cominciare.
Mi dici qualche dettaglio tecnico di quest’ultimo viaggio?
Siamo partiti il 18 Gennaio e rientrati il 6 Febbraio. Eravamo un gruppo di quattro persone: mi hanno accompagnato in questo viaggio Mario, Ilaria e Mariella. Abbiamo visitato le comunità di Kipsing e Ngaremara (appartenenti alla Diocesi di Isiolo, nel Centro-Nord del Kenya), con una tappa a Marshabit, circa 300 Km più a Nord, verso il lago Turkana.
Qual’era lo scopo di questo viaggio?
Prima di tutto seguire i progetti che sono stati avviati e che continuano, anche senza una nostra presenza fissa sul posto, e poi mantenere quella relazione di collaborazione e condivisione di un cammino nata tra la nostra diocesi e la diocesi kenyota di Isolo fin dal 1992, quando Don Salvatore ha iniziato a operare nella missione di Ngaremara.
Che situazione avete trovato?
Qui bisogna distinguere tra le varie comunità che abbiamo visitato. Per quanto riguarda Kipsing, la casa parrocchiale, la chiesa, il pozzo e le strutture che tra il 2010 e il 2013, grazie al contributo di tanti, abbiamo costruito sono operative e funzionanti. Il parroco attuale si chiama Fr. Peter ed è aiutato da un diacono. La vecchia casa parrocchiale è stata finalmente destinata a una comunità di suore appartenenti alla congregazione polacca delle Felician Sisters che daranno un contributo fondamentale nella pastorale e nell’ambito dell’educazione. La parrocchia di Kipsing copre un territorio ampio 32 km con tante necessità e la presenza di questa piccola comunità è provvidenziale nel sostenere il lavoro della parrocchia. Abbiamo anche verificato lo stato dei sette asili costruiti nel territorio parrocchiale: le strutture sono tutte integre, ma purtroppo di questi solo uno è risultato funzionante. Questo è dovuto ad alcuni problemi che in queste realtà a volte si presentano: alcuni insegnanti si sono allontanati a causa delle diatribe che negli ultimi mesi sono scoppiate tra Turkana e Samburu (le due etnie che popolano la zona) e a ciò si aggiunge il fatto che il governo kenyota attraverso un provvedimento discutibile ha eliminato i contributi per fornire il cibo agli asili stessi. Per quanto riguarda la comunità di Ngaremara, invece, il progetto di adozioni a distanza procede, gestito ora sul posto da Sr. Sheeba e dalla sua comunità, e coordinato in Italia attraverso l’associazione Urukundo. Sottolineo il grande sforzo delle suore che riescono a gestire in maniera oculata i fondi del progetto a fronte di un sempre crescente numero di ragazzi che intraprendono gli studi, mentre purtroppo i sostenitori del progetto in Italia, anche a seguito dei problemi economici che conosciamo, stanno diminuendo.
Quali sono i rapporti ora tra la nostra Diocesi e la diocesi di Isiolo?
Anche senza una presenza fissa rimane un rapporto di stretta collaborazione. La diocesi di Isiolo ha espresso tramite la persona del vescovo Antony gratitudine per il lavoro fatto finora e per l’impegno a proseguire su questa strada attraverso il sostegno alle necessità materiali e pastorali.
Come vedi le prospettive della realtà che avete incontrato?
Abbiamo avuto la sensazione di una chiesa in crescita e dinamica, che nonostante le difficoltà cerca di rendersi il più possibile autosufficiente. Le vocazioni non mancano e alcuni diaconi che abbiamo conosciuto negli anni sono stati ordinati e ora operano in una realtà che rimane comunque molto vasta: nei 300 km lungo cui si estende la diocesi di Isiolo ci sono circa 15 preti che gestiscono una decina di parrocchie. Abbiamo notato progressi anche nella società, con una maggiore attenzione all’educazione e alla qualità del servizio educativo, questo grazie all’impegno di alcuni presidi, del governo della regione e della chiesa, molto attiva in queste realtà sul fronte dell’educazione.
Progetti futuri?
La speranza è che, oltre a proseguire i progetti avviati, possano nuovamente aumentare i rapporti diretti con queste realtà. Con la presenza fissa delle suore a Kipsing ora si riapre un ponte. Piccoli gruppetti di volontari sarebbero provvidenziali in questa realtà remota e immersa nella savana, dove la necessità di manutenzione delle strutture è costante: si tratterebbe di piccoli lavori di idraulica, elettrici, imbiancatura. Oltre a ciò sarebbe bello abbinarci momenti di animazione, gioco e condivisione con i ragazzi del villaggio. Abbiamo anche fatto una visita a Sr. Mary, una vecchia amicizia, che ora opera a Marshabit, nel Nord, in un centro per ragazzi con disabilità fisiche, e anche lì abbiamo trovato una realtà pronta e disposta ad accogliere volontari.
Ci salutiamo con l’aria un po’ più fredda, il sole che tramonta e tanta voglia di ripartire.
Filippo Bargnesi