Un viaggio che dura da tempo: Sud Africa una tappa per noi fondamentale – Francesca Ponzetto e Letizia Pagnetti

La venticinquesima “Lettera dalla missione” è quella di Francesca Ponzetto e Letizia Pagnetti, che ci raccontano della loro esperienza di missione in Sud Africa, a Daveyton.

Alzarsi presto la mattina, vivere la Celebrazione eucaristica, darsi da fare per la parrocchia e per l’altro, scoprire se stessi, adattarsi alla cultura e ai costumi di chi abbiamo intorno, sentirsi a casa in una terra molto lontana dalla tua…

Se per molti queste potrebbero sembrare cose difficili , per noi non è stato affatto così, anzi questo è stata la realizzazione di un grande desiderio che avevamo nel cuore da tempo.
Il mese di settembre infatti abbiamo vissuto, ospiti della comunità dei missionari della consolata, in un piccolo paesino non lontano da Johannesuburg, Daveyton, in Sud Africa. Anche se la nostra permanenza lì è durata solamente un mese, questa esperienza fa parte di un cammino iniziato ormai anni fa a fianco del Centro Missionario Diocesano.

Il desiderio di partire lo avevamo maturato ormai da tempo, aiutate anche dalle testimonianze, dai racconti e dagli sguardi di chi era già partito. In realtà le mete che il CMD offre sono varie, ma la nostra scelta è ricaduta sul Sud Africa per un motivo ben preciso: lì vive e opera un nostro caro amico, Father Gabriel, missionario della consolata che abbiamo avuto modo di conoscere e frequentare negli anni dei suoi studi in Italia. Il Sud Africa fino al 1994 ha avuto un regime di segregazione, dove la popolazione nativa ha subito molte violenze. Sebbene oggi le cose siano cambiate la differenza tra bianchi coloni e neri nativi è ancora viva ed evidente. A distanza di pochi chilometri lo scenario cambia totalmente: da una parte i bianchi che vivono in stile europeo, dall’altro i neri che come casa hanno composizioni di lamiere e chi è più fortunato si può permettere case in mattoni. Nonostante la povertà quello che non ci hanno fatto mancare è l’accoglienza. Ed è proprio questo quello che ci portiamo nel cuore, il saper accogliere, ascoltare l’altro, anche se parla zulu, sutu, o un inglese improvvisato come il nostro.

E prendendo in prestito le parole degli Evangelii Gaudium: “Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo, sa che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario.“

La bellezza dell’essere missionario è esserlo sempre, nella vita di tutti i giorni. Questa esperienza ci ha aperto occhi, cuore e il Signore ci ha illuminato, ora la sfida comincia nella quotidianità.

 Letizia e Francesca

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Non sono venuto qua per giudicare, bensì sono venuto qua per amare – Nicola Canestrari

Altra lunga lettera di Nicola, volontario Urukundo in Burundi; la ventiquattresima della nostra rubrica “Lettere dalla missione”.

Cari ragazzi/ragazze,

Come state??

Un’altra settimana è passata, e come d’altronde mi succede di solito quando viaggio, mi è alquanto difficile vedere e direi effettivamente percepire il tempo che passa. E’ incredibile come quest’ultimo passi così celere, e così direi quasi di nascosto. E’ come se volesse implicitamente dirci qualche cosa. È come se esso volesse sussurrare silenziosamente al nostro, molto spesso disattento, orecchio che lui sta passando e che in nessun modo è possibile che lui torni indietro per raccoglierci, o bene per spronare l’essere umano a voler raccogliere ciò che più profondamente è. Lui, il Tempo, continua il suo percorso e in fin dei conti riposa nei nostri occhi, e nei nostri cuori l’invincibile possibilità di prendere in mano la nostra tanto preziosa quanto miracolosa Vita, in modo tale che finalmente ciascuno di noi possa fare e tendere verso ciò che più profondamente è, verso ciò che più profondamente sogna di divenire e di essere. Risiede solamente in ognuno di noi la magia che ci porta a provare ad afferrare noi stessi. Un Io che dovremmo mettere più spesso in discussione, proprio perché il dubbio apre le meravigliose porte della conoscenza introspettiva. Porte che a volte sono molto difficili, e allo stesso tempo dolorose da aprire. Dolorose da vivere e da esplorare a fondo. Porte che in ogni caso considero come consustanziali a un benessere, a un equilibrio che l’Io necessita di percepire, per vivere con e grazie all’Altro. Tornando adesso a questa fuga del tempo, che scorre e che continua a scorrere inesorabilmente dentro e intorno a ognuno di noi, mi sto accorgendo sempre di più del mio desiderio di voler provare a stargli dietro. Di voler almeno provare a sussurrargli un bel giorno che Io ero sensibile alla sua perpetua melodia. Di voler almeno provare a fargli cBurundi-circled4omprendere nella mia infima piccolezza che non ho avuto paura della vita, che ho cercato con tutta la sincerità del mio cuore di cantare con le mie proprie labbra il mio continuo suono esistenziale. Di voler sorridergli un bel giorno, dicendogli ad alta voce che anch’io nel mio essere niente ho provato a scrivere la mia poesia con quelle poche ma significative parole che il Cielo mi ha dato l’infinita occasione di avere, di amare. Per vero, è proprio questa voglia di sognare che vorrei tanto condividere con il mondo intero. Sognare ciò che veramente siamo, ciò che più profondamente vogliamo. Evitando di portarsi sulle spalle, come un opprimente fardello, i rimorsi nati dal non avere fatto fino in fondo quello che più volevamo, quello che più sentivamo come nostro. Voglio urlare al mondo la bellezza di essere Se Stessi, in qualsiasi maniera e in qualsiasi colore vogliamo manifestarci alla vita. Ogni colore esistenziale è accettabile, quando è sincero. Quando è sentito fino in fondo. Vorrei condividere con il mondo la coscienza interiore che non è mai troppo tardi per essere ciò che più profondamente siamo, ciò che più profondamente desideriamo. Non è mai troppo tardi per cercare di mettersi in cammino verso noi stessi. Non tanto per trovarsi fino in fondo, ma piuttosto per scoprirsi e riscoprirsi continuamente come soprattutto i saggi bambini hanno la magia di fare. Quel coraggio di andare avanti, di andare oltre, per tornare a poco a poco verso quella luminosa fonte che unisce noi tutti, attraverso un’amorosa stretta di mano sentita e provata da ciascuno di noi. Non dovremmo avere paura di perderci, perché è proprio perdendoci che possiamo donare alla Vita la possibilità di aiutarci a ritrovarci.

Oh essere umano, non avere mai paura di aiutarti, di ritrovare profondamente te stesso. Oh miei dolci esseri umani, aiutiamoci a aiutare e a ritrovare noi stessi, e così come per incanto riusciremo di nuovo a aiutare quel sogno interiore che riposa negli occhi del mondo. Un mondo che ci appartiene, che appartiene a noi tutti come d’altronde ciascuno di noi appartiene a quest’ultimo. Non abbiate paura di provare a conoscerlo, poiché è proprio attraverso questo sforzo tanto emotivo quanto conoscitivo che riusciremo ad avvicinarci passo dopo passo a noi stessi, alla nostra tenera fonte comune.

Detto questo, personalmente sono molto gioioso poiché era da tanto che aspettavo un’esperienza del genere, e finalmente la sto percorrendo e esplorando momento dopo momento, giorno dopo giorno. Non posso negare che questo viaggio non mi stia facendo soffrire, poiché sarei un ipocrita a negare quanto possa essere complesso vivere nell’altra parte del mondo. La congregazione è adorabile e molto molto gentile, ma al contempo è altrettanto veritiero quanto siamo infinitamente differenti, e a volte le nostre differenze sono piuttosto abissali. Per esempio non riesco a conformarmi a tutti gli aspetti della loro ferrea e stretta morale che spesso non lascia scampo, e che a volte etichetta o bene considera impensabile qualcosa che si allontana anche solo minimamente dal loro pensiero. È altrettanto vero che tante cose ci uniscono, e soprattutto un oceano continuo di sorrisi tanto condivisi quanto reciproci ci fanno sentire in tante tante sfumature della vita come parte integrante l’Uno dell’Altro. Sostanzialmente Ciò che sento di dire è che la Diversità fa parte del mondo. La Diversità colora e sempre colorerà l’esistenza umana come unica e introvabile altrove. Negarla, significherebbe negarci. Negarla, significherebbe negare il proteiforme flusso della vita. Negarla, significherebbe negare tutto ciò che siamo, tutto ciò che eravamo, e tutto ciò che diverremo. Come potremmo declamare che Nulla è, che Nulla esiste, e che noi stessi non stiamo in realtà vivendo in un mondo che cambia e che ci sussurra continuamente di non avare paura di cambiare con lui? Personalmente non potrei mai dichiarare una tale non Esistenza della Vita, proprio perché mi sento una parte insostituibile del Tutto, una parte che sente il suo cambiamento interiore, una parte che sente a fondo che sta cambiando mano nella mano con il Mondo. Quindi penso che l’essenziale è cercare di comprendere, è cercare di accettare quella Diversità che sottende il sorriso di noi tutti. Al contempo non posso non ammettere che sono io che in questo caso sto viaggiando nella loro terra, e in una certa maniera sono io quello che più deve cercare di avvicinarsi a loro, proprio perché è questo ciò che cercavo. Trovare il Diverso, e sforzarmi ad accettarlo, a tollerarlo, ad amarlo come se fosse parte di me, come se fosse un’altra manifestazione sconosciuta di Nicola che _DSC0456sta cercando di conversare con me stesso. Penso che più l’essere umano ciecamente è spinto a giudicare, meno allo stesso tempo è portato ad amare. Più giudichiamo e meno amiamo. Per contro non sono venuto qua per giudicare, bensì sono venuto qua per amare, per amarmi come un essere spesso differente da quello che pretenziosamente pensavo d’essere. Allo stesso tempo non posso, e non voglio negare, rifiutare, né dimenticare quello che ho vissuto fin ora nella mia corta vita. La mia cultura e i miei 23 anni immersi in quella cultura, che mi piace descrivere come magica poiché ogni cultura lo è, non posso soffiarli via come se fosse della mera polvere che ostacola il mio vedere, il mio osservare il mondo. Quindi annullare tutto quello che sono stato, e che quello che sono è di nuovo come se negassi l’esistenza della vita. Come potrei farlo? Per contro ciò che possiamo e che dovremmo fare, è di spingersi, è di lasciarci trasportare verso l’Altro per accettarlo, per accettare quella diversità propria a lui, che quest’ultimo porta in grembo da tutta una vita. Sono venuto qui per accettare, per accettarmi, e non per negare, e non per negarmi. Sono venuto qui per amare. Dunque ciò che voglio dire, ciò che voglio dirvi, ciò che voglio vociferare al mondo è che non posso essere né divenire quello che non sono, ma per contro posso e voglio sforzarmi con tutto il mio cuore ad amare l’Altro, ad amare l’Alterità tale essa è. Senza volerla cambiare a mia immagine e somiglianza. Senza volerla rendere ciò che in realtà essa non è, e che mai sarà. Voglio re-imparare a Accettare, voglio re-imparare a Tollerare. Vi ringrazio di avermi dato l’opportunità di venire e di stare qua in Burundi, con e in mezzo a loro. Vi ringrazio di avermi dato l’opportunità di guardarmi dentro, per cercare di ritrovare. Per cercare di ritrovarmi, di ritrovarvi. Per cercare di ritrovare il Mondo.

Detto questo, tutto il resto procede molto bene. L’insegnamento mi appassiona sempre di più. In realtà giorno dopo giorno vedo sempre più chiaramente ciò che più amo fare nella mia vita. Pensare a quale gioia suprema mi pervade, quando sono in classe e ho l’opportunità di condividere, di condividermi con l’Altro. Che felicità introvabile altrove, di poter crescere momento dopo momento con e grazie all’Altro. Di poter capire e capirmi come consustanziale a quell’Alterità che riposa davanti a me. Penso che il condividere sia un magnifico motore esistenziale che ci permette di essere insieme, di sentirci insieme, di esserci l’uno per l’altro. L’uno con l’altro. L’insegnamento mi sta dando questo succulento frutto che amo assaporare, e riassaporare istante per istante, goccia dopo goccia.

Quest’oggi non condivido niente sulla politica, poiché sentivo di condividere questo stato emotivo, che nella sua sincerità prevarica tutte le ingiustizie umane che ci attorniano, che ci hanno circondato nella storia, e che in definitiva sempre ci circonderanno.

La prossima lettera si baserà sulla commemorazione avvenuta il 21 di ottobre sull’assassinio del presidente del Burundi nel 1993.

Vi abbraccio come se foste a pochi passi da me.

Per sempre insieme nell’Arcobaleno dell’Amore.

Non è mai, mai troppo tardi per ridiventare Se Stessi.

Cerca di sorridere sempre ai tuoi sogni più nascosti, ai tuoi sogni più sinceri, poiché essi ti ascolano, poiché essi non smetteranno mai di sussurrarti dolcemente all’orecchio ciò che più profondamente sei, ciò che più profondamente vuoi.

Buon cammino.
Nicola

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Ritroveremo, mano nella mano, il sorriso della Vita – Nicola Canestrari

Ventitreesima “lettera dalla missione”: Nicola, volontario Urukundo in Burundi, ci scrive per aggiornarci sulla sua esperienza in terra di missione.

Cari ragazzi/ragazze,

Come state??

Per me è stata una settimana lunga e intensa, come d’altronde ogni settimana qua.

Le giornate sono lunghe e molto molto spesso arrivo a cena che sono distrutto, e non trovo neanche più l’energia per scrivere. Sono ritmi che non ho mai percepito in vita mia, ritmi che devo ancora interiorizzare. Ritmi che in fin dei conti non riuscirò mai totalmente a fare miei. Le settimane scorrono una dopo l’altra, e i miei più vari pensieri scorrono con loro. Giorno dopo giorno sono sempre attraversato da emozioni diverse, direi alquanto contrastanti. Mi basta un niente per pensare di sentirmi veramente felice, quando quello stesso niente molto spesso mi fa sprofondare in basso ricordandomi quanto sono fragile e quanto la mia sensibilità molto spesso mi prevarica, facendomi sentire triste. Facendomi sentire solo. In realtà tutto questo naturalmente mi scuote tanto, e al contempo mi affascina perché sostanzialmente è questo ciò che cercavo. Finalmente un momento per mettermi profondamente in discussione. Un momento per cercare di mettermi davanti a me stesso, soffrendo e gioendo di un Nicola che nasce, e che muore e che rinasce continuamente. Un Nicola che si scopre giorno dopo giorno diverso da quello che arrogantemente pensava di essere, da quello che pensava di sapere. _DSC0456Penso che sia il viaggio più difficile che abbia fatto nella mia piccola vita. Mi aspettavo qualcosa di forte, ma penso sempre di più che sia così complesso descrivere come ci si possa sentire, cosa si possa veramente provare. Non riesco a trovare le parole, e forse a volte il mio stesso viso non riesce a esprimere a pieno le emozioni che prova. In ogni caso sono profondamente contento della mia tristezza e della sofferenza che provo a volte, dal momento che è proprio grazie a queste che riesco a crescere, a capire che cosa voglio dalla vita e che cosa la vita d’altronde esige da me. Molto spesso mi risulta complesso condividere tante cose con i fratelli della congregazione. Oltre a tanti pensieri e a tanti soggetti di discussione che, un po’ come facciamo tutti noi, posso condividere e scrivere solo con me stesso, trovo una gran difficoltà a esprimere con loro la mia tristezza di fondo. Siamo così diversi per tanti tanti aspetti della vita, ma al contempo essa stessa ci unisce attraverso un dolce e materno abbraccio di amore per tante altre particolarità della vita. Condividere la tristezza o bene dei momenti dove il mio cuore è debole, è un’intimità che non riesco a esprimere facilmente e a pieno. Condividere il fatto di sentirsi a volte solo (anche se sempre con qualcuno fisicamente) nell’altra parte del mondo è difficile da comprendere per persone che non hanno mai lasciato il loro paese natale. Condividere quanto a volte può essere pesante non sentirsi libero di poter camminare in pace, senza che un flusso di persone si fermino a guardarti o meglio dire a fissarti, dal momento che il colore della mia pelle ricorda a tutti il colore sporco e mefistofelico del funesto dio denaro. Condividere che oltre a essere un uomo bianco, o più precisamente prima di essere un uomo bianco sono un essere umano come loro, come tutti d’altronde. Un essere umano che soffre, che ama, che piange e che gioisce come fanno tutti o come almeno tutti dovrebbero avere il coraggio divino di fare. Condividere il fatto che non sono un super-uomo perché sono nato nell’occidente, ma che realtà sono un fantastico niente, un fantastico soffio di polvere né più né meno di tutti gli altri nei confronti dell’immensità di un universo che ci ha preceduti, e che continuerà a sorridere un bel giorno con o senza di noi. Mi piacerebbe sentirmi libero. Libero come quando incontro il sorriso di un bambino a scuola. Libero come quando lo stesso bambino mi prende per mano come se ci conoscessimo da tutta una vita. Libero come quando vedo scherzare di gioia i ragazzi dell’internato. Sembrano così innocenti, è come se la durezza e allo stesso tempo la complessità della vita che li circonda non li avesse neanche toccati. O bene è come se in ogni caso tutto tendesse verso il bene per loro, verso un insistente ottimismo di fondo, una sorta di sorriso condiviso che gli permette di andare avanti. Che gli permette di sollevare sempre la testa verso la profondità immacolata del cielo. Mi piacerebbe tanto un giorno riuscire a farmi pervadere da quel sorriso. Da quel puro desiderio di stare e di essere insieme. Spero che possiate un po’ immaginarmi in queste parole e in queste emozioni contrastanti, che cerco con tutto il mio cuore di descrivere tali esse sono. Personalmente mi rasserena molto lo scrivere, poiché mi permette in ogni momento di riconciliarmi con me stesso. Qualsiasi sia il dipinto di emozioni che mi attraversa e mi colora, lo scrivere mi permette di esprimerlo, e esprimendolo riesco a cogliere quel piccolo barlume di me stesso in quel preciso momento emotivo, prima che il vento dei sentimenti continui imperterrito il suo infinito percorso interiore.

Burundi-circled4Detto questo vorrei continuare il mio piccolo racconto interiore, descrivendovi il nostro abitudinario sport settimanale. Sport che mi ha recato tanta tanta gioia. Siamo partiti tutti insieme, e subito i nostri ragazzi hanno cominciato a cantare e a danzare mentre correvamo verso il campo. Wooow, sapete per gioia o per sfortuna ho passato tanti anni della mia vita a giocare a calcio, ma delle emozioni simili non le avevo mai provate. Forse avevo proprio bisogno di trovarmi nell’altra parte del mondo per capire quanto lo sport possa veramente unire, e quanto un canto condiviso possa sollecitare quell’energia infantile che ci porta a far sorridere per tutto. Quella stessa energia che ci unisce, perché è un’energia vera. Perché è un’energia pura. È un’energia che non si può comprare, perché proviene da dentro e perché necessita di essere sentita come propria, di essere sentita come propria dell’Io che incontra il sorriso dell’Altro. L’Altro che in realtà è composto da quello stesso iniziale Io che l’ha formato, o meglio dire che l’ha co-creato. Ciò che purtroppo molto spesso percepiamo come diverso, come Altro spaventoso, non è nient’altro che il nostro stesso viso interiore. Un viso che riposa dentro ognuno di noi, ma che noi non conosciamo ancora ed è proprio per questo che ci spaventa. Abbiamo terribilmente paura di ciò che non conosciamo, quando in realtà dovremmo essere profondamente affascinati di scoprire a poco a poco un’altra espressione di noi stessi. In fin dei conti si tratta solo di questo. È un’espressione nuova, che dovremmo accogliere e integrare tanto gioiosamente come accogliamo e integriamo le espressioni del nostro Io che già conosciamo. Conformiamoci al nuovo, allo sconosciuto, alla diversità poiché riposa proprio nel cambiamento la bellezza miracolosa della vita. Non dovremmo avere paura, dal momento che ciò che incontreremo nel nostro cammino è soltanto quello che siamo, e che la vita ci sussurra gentilmente di divenire giorno dopo giorno. Bisognerebbe recuperare quell’ascolto interiore di fondo che ci permetterebbe di sentirci più bisognosi dell’Altro, più bisognosi di scoprire e riscoprire la verità di e su noi stessi.

In ogni caso la partita è stata fantastica. Gli altri ragazzi che non giocavano, cantavano e danzavano fuori per sostenerci e per sostenersi. Quando facevamo goal, qualcuno entrava in campo e iniziava a fare le piroette tutto contento di sentirsi parte integrante del tutto. Sinceramente non so se c’è la farei, se non stessi tutti i giorni con i ragazzi. Mi danno gioia, e allo stesso tempo mi regalano l’energia per andare avanti.

Ho cominciato anche il corso di approfondimento con i più piccoli. Il loro livello di francese è molto molto basso, però fortunatamente uno studente fra loro comprende bene il francese quindi mi funge anche da traduttore. Per contro per quanto riguarda l’inglese, sembra proprio che gli piaccia tanto. Quindi se il parlare risulta ancora molto difficile, il loro desiderio di apprendere è notevole e al contempo confortante. Fra l’altro venerdì scorso ho cominciato con il corso d’italiano nell’istituto dell’Inter-noviziato che farò ogni venerdì mattina. La classe è abbastanza numerosa dal momento che sono una trentina. È stata una bella emozione iniziare, e d’altronde desiderosi come sono d’interiorizzare l’italiano penso che passeremo un anno eccellente insieme dove sia io che loro avremo modo di imparare tanto.

Mi piacerebbe terminare spendendo un po’ di parole sulla politica.

Comincio con la politica. Quindi diverse voci mi dicono (declamandolo come veritiero) che le suore italiane uccise a Bujumbura hanno fatto parte di un assassinio dettato dal governo attualmente al potere. Secondo molti esse avevano scoperto che diversi militari e poliziotti venivano di notte a sotterrare dei cadaveri proprio nel loro pezzo di terra attiguo alla loro comunità. Quindi una volta scoperto che cosa succedeva di notte nella loro proprietà, decisero di aprire la bocca e di dichiarare ad alta voce il crimine che prendeva vita di notte. Dicono che la loro morte sia stata proprio dovuto dal fatto, che avevano parlato troppo e specialmente ad alta voce. Fra l’altro le stesse voci dicono che nella loro comunità dormiva una donna francese, che aveva fatto parte dello smascheramento della milizia che il governo stava segretamente edificando in Congo. La stessa francese doveva essere assassinata come le suore, ma fortunatamente il giorno dell’assassinio non si trovava più in quella comunità. Per contro per quanto concerne il detenuto militante che era in prigione, è stato finalmente liberato ma è agli arresti domiciliari a Bujumbura, da dove non può assolutamente muoversi. Pubblicamente il partito al potere ha ammesso la presenza di soldati burundesi in allenamento in Congo, dando però tutta la colpa al partito in opposizione dicendo che sono stati loro a cominciare l’edificazione di tale milizia. Quando penso alla sporca sporcizia che pervade la politica di tutto il mondo, e al contempo alzo i miei occhi al cielo e vedo le stelle mi ripeto istante dopo istante quanto l’uomo è nato fortunato di poter essere attorniato da così tante meravigliose bellezze naturali che ci chiamano e ci richiamano costantemente, ma lo stesso uomo cieco e zoppo per l’egoismo e la cattiveria che l’ha corrotto non ha neanche più al tempo di fermarsi a parlare con se stesso, per poi poter contemplare quelle gioie accessibili a tutti che la vita ci ha donato senza alcun bisogno di conquistarle a scapito di altri né di soffocarle come se tutto fosse sotto il nostro tirannico dominio. Oh povero uomo, divenuto miope nei confronti di ciò che più gli è caro! Ovvero il suo stesso fratello di vita, quell’Altro Io che fa parte di noi stessi molto di più di quanto molti purtroppo pensano. Quell’Altro Io che riposa dentro ciascuno di noi, che molti hanno ciecamente dimenticato. Povero e infelice quell’uomo che dimenticando l’Altro, ha dimenticato tutto ciò che l’ha creato, tutto ciò che è e tutto ciò che ciecamente non potrai mai divenire.

Oh Uomo, cerca di recuperare a poco poco quel desiderio naturale di cambiare, di cambiarti, di cambiarci con quell’Altro che tanto ci tende la mano poiché ha bisogno di tutti noi tanto quanto noi abbiamo bisogno di lui, tanto quanto noi abbiamo bisogno di ritrovare noi stessi nell’Altro e con l’Altro. Soltanto ricominciando a riscoprire quel tesoro mai finito che riposa dentro di noi, ritroveremo mano nella mano il sorriso della Vita. Quella stessa vita che ci ha sempre unito, e che ci unirà per sempre.

Detto questo vi saluto e vi abbraccio fortemente.
Buon cammino per tutti voi.
Uniti per sempre nell’incontro dell’Amore.

Nicola.

Per rimanere in contatto con Nicola:
FB: Nicola Canestrari
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Quando penso alla forza di un sorriso, rimango sempre stupefatto – Nicola Canestrari

Ventiduesima “lettera dalla missione”: Nicola, volontario Urukundo in Burundi, ci scrive per aggiornarci sulla sua esperienza in terra di missione.

Cari ragazzi/ragazze,

Per me è stata una settimana abbastanza particolare dal momento che sabato sera sono stato male.

E’ anche per questa ragione che ho deciso di smettere di dirvi quale giorno della settimana vi scriverò, dal momento che poi fra una cosa e l’altra non riesco mai a rispettare il nostro diciamo appuntamento epistolare. Quindi ciò che vi assicuro è che vi scriverò una volta a settimana, ma non so precisamente quale giorno.

Detto questo, ritorno alla mia salute di sabato sera. Tutto è iniziato per colpa della pasta di mais che ho assaggiato per la prima volta quello stesso giorno. Non sapevo che fosse così pesante da digerire, e addormentandomi apparentemente fel_DSC0456ice dopo cena mi sono risvegliato nella notte altrettanto sofferente di stomaco. Ho passato gran parte della notte a vomitare in bagno. Il giorno dopo, che era appunto domenica, mi sono alzato alquanto debole riuscendo in ogni caso a fare colazione. Pensavo di stare meglio, anche se continuavo a sentirmi molto debole e con lo stomaco sotto sopra. Quindi sono andata alla mia prima messa domenicale all’internato. Qualcosa di incredibile è successo dentro di me durante quella messa. Era la prima volta che sentivo i nostri ragazzi Pigmei cantare, creando tutti insieme il coro musicale. Non so che cosa ha scaturito il mio travolgimento emotivo, forse è stata anche la debolezza di stomaco, ma ciò che so per certo è che mi hanno veramente commosso. Un’energia, una forze di unione e di coesione unica. Tutti questi piccoli grandi amici che cantavano e danzavano dolcemente insieme. Che tenera emozione che mi hanno regalato durante la messa. Era da tanto che non percepivo un’energia, una voglia di essere e di stare insieme simile. È stata una grande festa sentita, amata e toccata da tutti. Per vero la stessa presenza costante della loro lingua natale non mi disturbava affatto. Non la sentivo dal momento che eravamo tutti veramente insieme. Avevamo superato da tanto i limiti materiali e effimeri della lingua verbalizzata, della lingua parlata. Cantavamo tutti insieme una lunga melodia condivisa dove le parole non servivano, dove le parole erano le uniche a sentirsi straniere. Tante volte parliamo pensando di capire, quando in realtà tutto ciò che è essenziale è profondamente veicolabile in tante altre maniere più sottili e allo stesso tempo più semplici, nelle quali la sporcizia che spesso sottende la parola non ha voce. Mi sono accorto di questa dolce e bella condivisione non verbale, passando del tempo a scuola con i bambini della materna. È incredibile quanti spontanei sorrisi, e al contempo quanto sincero affetto possano riuscire a darmi senza aprire bocca. Quando penso alla forza di un sorriso, rimango sempre stupefatto. Se mi fermo per un istante a pensare a quanto un sorriso condiviso possa significare, mi sento totalmente fortunato a vivere in una realtà in cui quest’ultimo trova la più dolce delle dimore possibili. Possiede un potere magico, un potere puramente terapeutico. Potere che soprattutto i più piccoli sentono come nessuno al mondo. Tornando adesso sulla descrizione di domenica, ci tenevo a dirvi quanto quella festa domenicale fosse stata lenitiva e quanto abbia fatto bene alla mia debole salute. Quindi tornando a casa, mi sentivo rigenerato e condividevo con gioia il mio nuovo e giovane stato d’animo con i miei cari fratelli. Loro stessi vedendomi così sorridente, erano molto felici. Ci tengo a precisare che sono così tanto gentili e protettivi che penso sempre di più che nessun al mondo è stato nei miei confronti così materno, così tenero nel prendersi cura di me. Non c’è neanche bisogno di dire che il mio precario stato di salute li aveva profondamente destabilizzati e preoccupati allo stesso tempo. Quindi tutti di nuovo felici, ci accingevamo a mangiare ricoprendo lo stesso pranzo con quelle belle vibrazioni. I problemi ricominciarono verso la fine del pomeriggio, poiché la mia pancia sembrava veramente desiderosa di scoppiare. Mi sembrava effettivamente che qualcuno fosse entrato dentro il mio stomaco, con il preciso compito di pugnalarmi. Abbiamo chiamato subito il dottore, che mi ha dato delle medicine che ancora continuo a prendere. Il giorno dopo stavo già meglio, anche se ho dovuto saltare a malincuore la scuola. Lo stesso martedì recuperavo a poco a poco le forze riprendendo la scuola mattutina, e cominciando finalmente il sostegno nel nostro collegio.

Dico finalmente perché ero così tanto desideroso di iniziare a conoscere meglio i nostri ragazzi, che vedevo il sostegno come un potenziale mezzo per raggiungerli. In realtà quest’ultimo è organizzato in una maniera relativamente confusa o bene in un modo semplicemente dispersivo. I ragazzi arrivano molto spesso in ritardo in classe e li vedo spesso poco interessati a concentrarsi nello studio. Si perdono molto molto facilmente. Personalmente, io seguo la classe dei finalisti. Ovvero coloro che avranno l’esame di stato quest’anno. Sono solamente cinque ragazzi, ma al contempo la loro gestione è abbastanza complessa. A volte si presentano, a volte no. Cerco di appassionarli il più possibile, ma purtroppo il loro francese è alquanto limitato. Comunque non penso affatto di desistere nel mio lavoro di condivisione proprio perché vedo che sono gioiosi e affascinati dal fatto che io sia lì ad aiutarli, a condividere la piccolezza della mia vita con loro. Fondamentalmente sono pigri e dispersivi. Proprio per questa ragione è essenziale che io sia lì per indirizzarli, per sostenerli, per orientarli. Sarà un anno molto duro, ma che allo stesso tempo mi regalerà tante emozioni e tanti soddisfazioni. Sono solo un po’ preoccupato per i ragazzi delle altri classi, perché vedo che per ora non c’è nessuno che li segue in una maniera costante come io faccio nella mia classe. È altrettanto vero che il sostegno con i liceali, è un sostegno autonomo o meglio dire auto-didattico. Quindi in teoria i ragazzi lavorano sulle materie da soli, e solo se hanno bisogno d’aiuto chiedono. Però allo stesso tempo mi sono accorto di quante lacune, e di quanto bisogno d’aiuto i ragazzi della mia classe necessitano. Quindi di conseguenza non oso neanche immaginare gli altri studenti. In ogni caso io non sono che uno, incapace di seguire più di cento ragazzi. Non vorrei che i mie pensieri portassero troppa tristezza, una volta letti, dal momento che sono profondamente consapevole che siamo all’inizio dell’anno scolastico e tante cose possono cambiare e migliorare. Sono molto positivo. Sono certo che faremo un eccellente lavoro. Per contro con i ragazzi un più piccolini che hanno quest’anno l’esame di stato (ovvero lo stesso che facciamo noi alla fine delle scuole medie) cominceremo da questo lunedì un corso di sera chiamato corso di approfondimento. Quest’ultimo prenderà piede ogni giorno dalle 18.30 fino alle 20. I diversi insegnanti si occuperanno di determinate materie. Personalmente i miei corsi saranno il corso di francese e il corso di inglese. Ogni sabato pomeriggio, faremo dello sport con i nostri cari amici che per contro quando si tratta di correre e agitarsi sono totalmente invincibili. Abbiamo già iniziato la scorsa settimana a fare una partitella di calcio. I ragazzi si azzannavano a vicenda per avermi in squadra con loro. Mi sono sentito amato e al contempo rasserenato nel mezzo della loro dolce discussione.

Vorrei concludere dicendo due parole sulla politica. Non so se sapevate già che a maggio di quest’anno è stato arrestato un militante burundese molto famoso, e al contempo molto amato e rispettato dagli intellettuali. La persona in questione, di cui adesso non mi sovviene il nome, si è battuto molto per la pace e per i il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo. Fatto sta che pochi mesi fa quest’ultimo se ne uscito dicendo che il partito al potere, fomentato dall’attuale presidente, stesse creando segretamente una milizia per difendersi dalla possibile sorte negativa delle prossime elezioni che avranno luogo l’anno prossimo nel mese di giugno. Quindi il militante ha fatto delle dichiarazioni nazionali affermando con prove e con video che nelle foreste del Congo si stBurundi-circled4esse svolgendo un addestramento militare di giovani burundesi. Naturalmente il partito ha negato tutto, incarcerando subito l’attivista. Un’ulteriore problema sorge dal fatto che il militante è vecchio e ammalato e la legge statale obbliga i prigionieri ammalati anziani a uscire d’urgenza per farsi assolutamente curare. È un obbligo incoercibile che però il partito non ha affatto abbracciato in questo caso specifico. Naturalmente lo scandalo, oltre a colpire la popolazione intellettuale burundese, è arrivato in Europa. Pochi giorni fa l’Unione Europea ha dichiarato allo stato burundese il rilascio immediato del prigioniero in questione. Per tutta risposta, invece di lasciare replicare in prima istanza lo stato il partito al potere ha dichiarato con fervore che non libererà il prigioniero. Personalmente sono arrivato a questo punto, dal momento che ci è possibile seguire le informazioni solo quando c’è l’elettricità, la quale in Burundi fa notare molto molto poco la sua presenza. Appena saprò delle novità vi informerò come d’abitudine. Ciò che posso dire per certo, è che il presidente attuale non mi piace affatto. È un estravagante manipolatore della massa ignorante contadina. Promette cose che non fa, e per tutta risposta lavora e balla mano nella mano con i contadini. Per questa ragione la massa lo ama perché pensa di percepirlo e di vederlo vicino a loro, quando in realtà è soltanto un mero approfittatore. Spero tanto che durante le prossime elezioni abbia l’umiltà di mettersi da parte poiché il suo tempo è già venuto, ed è già passato, anche se in realtà non penso proprio che lo farà. In ogni caso è altrettanto essenziale, che noi per contro conserviamo e alimentiamo quel sorriso di fondo che ci permette di camminare a testa alta nei sentieri sempre imprevedibili della vita. D’altronde quest’ultima è un’opera così tanto miracolosa, che sarebbe un imperdonabile peccato non viverla nella paura dell’avvenire. Ci vuole coraggio per avere paura.

Vi abbraccio e vi sorrido come se fossi a due passi da voi.
Per sempre insieme nel cerchio mai finito dell’amore.

Buon cammino.
Nicola

 

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Accontentandoci di quello abbiamo, al posto di chiedere e cercare qualcosa che non ci è indispensabile – Nicola Canestrari

Una lunga lettera di Nicola, volontario Urukundo in Burundi; la ventunesima della nostra rubrica “Lettere dalla missione”. 

Cari ragazzi/ragazze,

mi scuso per il ritardo nello scrivervi, ma domenica sera mi sono definitivamente trasferito alla casa Cometa, a 200m dall’internato scolastico con i nostri cari amici Pigmei, quindi non ho avuto il tempo materiale per fare il diario. Poi arrivando qua, ho scoperto che non c’è nessun tipo di connessione. Ovvero mi è impossibile trovare l’accesso a internet, anche con la pennetta. Quindi la sola soluzione è tornare, ogni volta che mi voglio connettere, alla congregazione madre a Urukundo. La cosa non mi risulta difficile dal momento che è appunto da domenica che giro con la moto. Fra l’altro comprendo sempre di più l’utilità di quest’ultima, poiché gli spostamenti sono veloci e efficaci. In più è veramente qualcosa di straordinario girare con la moto. Non l’avevo mai fatto prima, e adesso ogni mattina che la prendo mi sembra quasi di volare. È una sensazione di dolce libertà che mi porta a stretto contatto con l’aria, con il vento donandomi la falsa impressione di poterlo dominare, di poter essere per un instante io colui che lo guida e che l’orienta nel suo cammino. I miei tanto piccoli quanto quotidiani viaggi in moto mi ricordano un film di Nanni Moretti che si chiama “Caro diario” e che consiglio spassionatamente a voi tutti.

Oltre questo piccolo richiamo cinematografico, qua le giornate scorrono veloci, anche se la concezione di velocità in Africa è una concezione totalmente differente rispetto alla nostra. Infatti mi piacerebbe appunto condividere con voi, una piccola riflessione sul concetto di Tempo africano. Lo stesso Tempo che cammina inesorabilmente per noi tutti giorno dopo giorno. Quando sono arrivato, rimasi molto colpito o per dire meglio alquanto destabilizzato da Burundi-circled4come il tempo qua prendeva e donava la vita ogni giorno. Non riuscivo a comprendere come le giornate potessero sembrare così infinite, nel loro scorrere in una maniera così apparentemente lenta e al contempo quasi nascosta. In realtà a volte mi veniva da pensare che qua il Tempo, è come se avesse il desiderio segreto di fermarsi, per riposarsi un po’ dall’intensità di un sole che a volte fa sentire in una maniera eloquente la sua presenza. Pensavo che è come se qui tutti avessero bisogno di rilassarsi un po’, per prendere infine la vita con più tranquillità. Da una parte non mi sono ancora ricreduto, dal momento che trovo vero il fatto che i ritmi africani sono ritmi più dolci e più pacati dove la corsa riesce difficilmente a concepire se stessa, e dove molte angosce e inquietudini occidentali si trasformano giorno dopo in giorno in una sorta di sorriso di fondo tanto speranzoso quanto positivo. Riguardo a questo punto un caro fratello, il cui nome è Desiré, si è espresso in un modo molto esplicativo dicendomi un giorno: “Sai qua ci sono molti pochi pensieri angoscianti, poiché ci si accontenta di quello che si ha. Una qualsiasi contadina, si alza ogni giorno pregando Dio che possa trovare da mangiare qualcosa per lei e per la sua famiglia. Quindi va nei campi, e cerca e lavora in modo tale da ottenere quel poco che cercava. Ciò che io, come d’altronde tanti burundesi, chiamo il pane quotidiano. Una volta trovato, torna a casa e ringrazia infinitamente Dio per avergli regalato questa opportunità. Questo mio caro fratello, è quello che facciamo giorno dopo giorno a, e che quindi soddisfa soltanto il nostro funesto desiderio di avere, la nostra nefasta voglia di possedere per essere in realtà ciecamente posseduti”. Però è altrettanto veritiero che questa maniera di vedere e di prendere la vita, non è una maniera diciamo negligente ma è un modo solamente diverso d’interpretare il lavoro, il riposo e la condivisione. Ritengo che sia ingiusto pensare che qua in Africa si perde tempo, dal momento che ho sempre visto molto molto attivi i fratelli della congregazione, come d’altronde tante altre persone autoctone che vedo o con cui ho instaurato rapporti di Amicizia. Diciamo che qui la differenza la fanno ancora gli esseri umani, e non la fretta artificiosa e allo stesso tempo artificiale che nell’altra parte del mondo, spinge inconsciamente le persone a correre dietro a qualcosa che non raggiungeranno mai. Spasmodica fretta che ci ha fatto dimenticare qualcosa di veramente prezioso nella nostra frenetica corsa, ovvero l’incontro con se stessi. Diciamo che qua, pur rimanendo nella loro apparente lentezza, hanno ancora del tempo da dedicare a loro stessi per condividersi, e per condividere un sorriso di vita con l’Altro.

Ci tenevo molto a cercare di far capire che a volte la lentezza, non è effettivamente una lentezza che si possa generalizzare e assolutizzare così facilmente, proprio perché sottende un profondo strato culturale che senza dubbio li porta a vedere l’esistenza intera con degli occhi molto molto diversi, ma non per questo migliori o peggiori dei nostri nella diversità culturale reciproca che in fin dei conti pervade noi tutti, portandoci allo_DSC0456 stesso tempo a sorridere nella stessa maniera di fondo.

Detto questo, passo molto volentieri all’internato scolastico. La casa Cometa è veramente favolosa e sono molto molto gioioso di essere qui. Vivo con i fratelli Georges, Pascal e Adrien. Si stanno veramente prendendo cura di me, tanto che penso di non avere mai ricevuto tanto dolcezza e gentilezza in vita mia. Condividere la vita con loro, e alzarsi ogni mattina vedendosi attorniato da quello sguardo tanto silenzioso quanto spettacolare che prende il nome di natura, mi riempie il cuore di gioia e mi rasserena molto. Nell’internato ci sono altri fratelli, fra cui dei seminaristi, e Padre Taddeo. I ragazzi sono arrivati domenica e abbiamo fatto una messa d’introduzione, dove fra l’altro lo stesso padre Taddeo mi ha presentato davanti a tutti. Per ora il sostegno non è ancora iniziato, dal momento che la scuola è cominciata questo lunedì, e purtroppo nelle scuole pubbliche il programma è molto più lento e al contempo più disorganizzato. Ovvero non hanno ancora compiti da fare. Pensiamo in ogni caso di iniziare il sostegno lunedì prossimo. Personalmente non vedo l’ora di cominciare, in modo tale che possa subito descrivervi le tanto primissime quanto indimenticabili impressioni. Per ora ho parlato con diversi ragazzi e sembrano essere molto sorridenti e accoglienti. Appena inizieremo concretamente a lavorare con i nostri amici pigmei, vi dirò anche come si svolgono e come si suddividono le sessioni di studio nel pomeriggio. Per contro ogni mattina continuo a assistere, e a insegnare nella scuola privata delle suore. Questa settimana mi hanno dato il mio orario definitivo. Sono molto contento del lavoro che stiamo facendo a scuola con i ragazzi. Gli altri insegnanti sono gentilissimi, e a poco a poco stiamo creando delle bellissime amicizie. Continuo a credere che sia tutto un sogno, e che io stia sognando a occhi aperti.

Vorrei concludere parlando delle suore italiane assassinate a Bujumbura. Qua sono rimasti tutti profondamente toccati. Inizialmente correva voce che fossero stati dei musulmani ma alla fine è venuto fuori che il criminale era cattolico, e che in realtà viveva e lavorava per e nella comunità. Sembra che avesse delle situazioni in sospeso con quest’ultima, e che infine la sua frustrazione estrema si fosse appunto concretizzata con questo brutale assassinio. In realtà non so quanto possa essere veritiero tutto questo. Penso che ci siano tante cose che mi sfuggono in questa questione come in tante altre in cui c’è di mezzo la politica. Tante cose sono nascoste, latenti e in più doppiamente difficili da decifrare per me poiché non comprendo la loro lingua nazionale, ovvero il Kirundi. Comunque ciò che posso dire ad alta voce è che mi sento molto molto sicuro e protetto con e dalla congregazione. Mi hanno accolto come un figlio, come un fratello minore da rispettare e da amare profondamente. Continuerò a scrivervi domenica in modo tale che possa continuare l’idea madre di scrivervi alla fine di ogni settimana.

Un forte e dolce abbraccio.

Uniti sempre nel sorriso dell’amore.

Buon cammino.

Nicola

 

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Non sanno neanche quando mangeranno la prossima volta, ma sono così continuamente pervasi da una gioia mai finita – Nicola Canestrari

La ventesima “Lettere dalla missione” è la seconda di Nicola, volontario Urukundo in Burundi; gùstatela!

Cari ragazzi/ragazze,
spero che stiate tutti bene.

Inizio oggi questa sorta di diario settimanale burundese, in modo tale che ci si possa sentire vicini e uniti anche se siamo così tanto lontani fisicamente. Penso che sarà un modo meraviglioso per farci ancora più comprendere che quando si è sinceramente insieme, non importa quanti chilometri o quanti anni ci separano proprio perché si è uniti con il pensiero e con il cuore. Lo stesso cuore amoroso che trascende e che unisce tutto.

Detto questo, cercherò di farvi capire che cosa provo e cosa succede qua in Burundi, settimana dopo settimana in modo tale che anch’io possa riguardarmi e riguardare ciò che mi circonda da un’altra prospettiva. Penso che sarà un diario molto molto interessante anche per me poiché mi permetterà di capire e di comprendermi meglio e più a fondo.

Sono qua da un _DSC0456mese e mezzo, e il tempo sembra che sia veramente volato. Mi sembra ieri che prendevo l’aereo da Roma, e mi sembra altrettanto ieri che ridevo felicemente con Simone e gli altri ragazzi italiani. È stato bellissimo condividere il primo mese di viaggio con gli altri ragazzi. Erano tutti meravigliosi e non mi scorderò mai questo nostro primo cammino condiviso. In più penso che sia stato profondamente importante che loro fossero là, vicino e con me, dal momento che il Burundi come d’altronde penso tutta l’Africa è una realtà infinitamente differente dalla nostra, e inizialmente anche molto pesante d’affrontare. Quando in Italia mi dicevate che non ci si prepara mai abbastanza per l’Africa non riuscivo a comprendere a fondo il significato di quelle parole, pur cercando di immaginarle, ma adesso mi è profondamente chiaro il senso di quel pensiero. È tutto così diverso e direi in una certa maniera strano ritrovarsi così da un giorno all’altro in questa realtà, che posso profondamente comprendere il senso di alienazione e diciamo di buon smarrimento che si prova all’inizio. Un mosaico di colori, di odori e di esseri umani così nuovi pervadono giorno dopo giorno la realtà quotidiana burundese. Se penso soltanto a quei tanti bambini che trovi ovunque per la strada già pronti a fare piccoli lavoretti o bene vedere mille persone in bicicletta che trasportano pesi inconcepibili per il pensiero di un essere umano occidentale, o bene quel traffico caotico per le strade dove sembra che colui che sorpassa e che suona di più il clacson è l’autista esperto per eccellenza. Tutto questo flusso di estrema novità e di radicale diversità è abbastanza complesso e pesante da reggere sulle proprie spalle all’inizio, anche se al contempo è profondamente affascinante e divertente. In ogni caso è stato un dono così tanto dolce quanto protettivo poter condividere con gli altri ragazzi italiani questa pesantezza, questo fascino, questo divertimento, questo sincero sorriso che più caratterizzano il popolo Burundese.

Nel mese condiviso con gli altri, abbiamo visitato diversi villaggi pigmei, guardando e monitorando come procedevano i lavori di costruzione e come proseguiva il progetto delle carte d’identità. Durante l’ultima settimana degli altri ragazzi, siamo andati per tre giorni di seguito in un villaggio pigmeo, vicinissimo alla congregazione, e gli abbiamo aiutati concretamente nel lavoro di costruzione della casa. È stata un’esperienza molto molto bella perché ci siamo finalmente avvicinati alla cultura pigmea, restando per ore e ore a stretto contatto con loro. Penso che sarebbe un’esperienza molto affascinante da poter consigliare a tutti coloro che partiranno in futuro, in modo tale che ci si possa veramente sentire parte integrante del tutto. Una parte molto significativa, desiderosa di immergersi nella realtà burundese più profonda. Bisognerebbe fermarsi anni e anni per descrivere a fondo la cultura dei Pigmei, e quindi l’impatto che ha creato dentro ognuno di noi. Un oceano di parole non basterebbero neanche a far intravedere la gioia pura che li pervade quando ci vedono. Il loro sorriso è così tanto naturale e vero, che sinceramente ancora tutt’ora non riesco a capacitarmi di come possano perseverare nel sorriso e nell’ottimismo. Mi piace menzionare il pensiero di uno dei fratelli della congregazione, precisamente è il fratello Gilbert. Lui, con pochissime parole, penso che abbia toccato a fondo l’essenza dei nostri cari amici Pigmei. Un giorno mi disse: “Sai, loro non hanno assolutamente niente, non sanno neanche quando mangeranno la prossima volta, ma sono così continuamente pervasi da una gioia mai finita”. Penso che queste semplici parole siano molto più esplicative e rappresentative di mille discorsi e di mille bla-bla-bla. Potremmo infatti iniziare a fare tante di quelle disquisizioni morali, dicendo e dicendoci come possa essere possibile che ci sia tanto di quel superfluo e tanto di quello spreco in Occidente quando qua un essere umano su due si va a cercare il pane quotidiano giorno per giorno, non essendo neanche sicuro di trovarlo ma conservando sempre quel sorriso di fondo. Potremmo chiederci, come d’altronde io mi sono chiesto e continuo a chiedermi, come possa essere possibile che la mia famiglia per farmi studiare all’università tre anni abbia speso la stessa cifra che permetterebbe qua di donare 8 case a otto famiglie pigmee che altrimenti vivono in capanne, giorno dopo giorno non sapendo neanche quanto possano realmente continuare a sopravvivere. Potremmo andare avanti con questi pensieri e con questi discorsi all’infinito, ma a che cosa servirebbe?? Si tratta di un ribaltamento, o meglio dire di uno sconvolgimento sociale che purtroppo ci porta funestamente a vedere come essenziali cose e beni che non lo sono affatto, e che causano giorno dopo giorno come effetto collaterale la povertà e la più estrema miseria nell’altra parte del mondo. Parte che purtroppo è stata dimenticata e accantonata da tanti, da troppi. Comunque oltrepassando questi pensieri nostalgici e melancolici, e forse a volte anche pesanti da ascoltare e leggere, sulla cecità emotiva dell’uomo contemporaneo ritorniamo alla realtà burundese che di sicuro non manca di emozioni e di sorrisi. La congregazione è veramente adorabile. A partire dai novizi, meravigliosi e pieni di passione e di dedizione, per passare ai fratelli e per finire con i sacerdoti. Sono tutti così in gamba. Il padre superiore, Padre Zenon è una persona fantastica piena di tatto, di umorismo e voglia di fare. Sono meravigliosamente sorpreso dal momento che non mi aspettavo un’accoglienza così calda e calorosa. Si stannBurundi-circled4o prendendo cura di me come se fossi il loro bambino, e io d’altronde ne sono così contento e gioioso. In verità amano tutti voi, tutti i visitatori che sono venuti qua e molto spesso parliamo di Voi. Hanno sempre sulle labbra i nomi di Nicoletta, Anna Lisa, Davide, Luca e Margherita. Sembra proprio che siano pazzamente innamorati di loro. I lori nomi sono sempre accompagnati da un dolce e lungo sorriso, e allo stesso tempo da un piccolo velo di nostalgia dal momento che vorrebbero che loro ritornassero.

Personalmente da quando tutti gli altri sono partiti, sto recuperando sempre più profondamente la mia libertà interiore. Soprattutto nei piccoli gesti che apparentemente sembrano banali, ma che sono così tanto pieni di senso e di gioia per me. Mi sento rinascere giorno dopo giorno, nelle passeggiate che faccio, nei libri che leggo e nelle belle e sincere conversazioni che intraprendo mano nella mano con i fratelli della congregazione. Mi sento felice e finalmente libero. Per contro, per quanto concerne le messe sono vere e proprie grandi celebrazioni e feste collettive che raccolgono e riuniscono tutti, dai più grandi a più piccolini piccolini. Ho trovato un’energia armoniosa incredibile, un’energia che non ho mai visto prima. È meraviglioso come dalla semplicità possa nascere un forza musicale e emotiva che cammina insieme come se fosse una grande e vasta famiglia sorridente. È sostanzialmente questo ciò che provo e ciò che vedo quando vado alla messa. Infine, per quanto riguarda le attività, sto aspettando impazientemente il rientro scolastico che sarà il 15 di settembre. Per quella data mi sposterò alla casa Cometa, con i seminaristi, e seguirò tutti i pomeriggi dal lunedì alla domenica il sostegno scolastico con i ragazzi. Il sostegno si svolgerà nel seguente modo, ci saranno due sessioni da due ore intervallate da una pausa di un’ora. Quindi la prima sessione comincerà alle 15 fino alle 17. La seconda dalle 18 alle 20. Per contro il sabato pomeriggio faremo attività sportiva. Non vedo veramente l’ora d’iniziare. Sono troppo gioioso, e il solo pensiero del rientro scolastico mi fa dolcemente commuovere dall’emozione. Invece tutte le mattine ho trovato, sempre grazie all’aiuto dell’adorabile congregazione, la possibilità di lavorare come assistente in una scuola dell’infanzia privata delle suore che hanno appunto la scuola materna e la scuola primaria (che rappresenta più o meno le nostre elementari e medie). Ho già iniziato da una settimana ad andare a scuola. I professori mi fanno girare di classe in classe, facendomi seguire tutte le lezioni e regalandomi l’opportunità di tenere delle lezioni di inglese e di francese. Invece il venerdì mattina, a partire dalla prima settimana di ottobre, mi faranno fare un corso di italiano nelle scuola dell’inter-noviziato che raccoglie i novizi, futuri sacerdoti e future suore.  Non saprei neanche come poter esprimere la gioia che mi pervade. Per me è come se fosse un sogno che finalmente realizzo, e che finalmente riesco in una maniera chiara e lucida a vedere e a toccare. Spero tanto di poter continuare ancora a lungo a riposare con me stesso, coccolato e accarezzato nelle braccia di questo tenero sogno. Ringrazio tutti voi, per avermi regalato la possibilità di sognare a occhi aperti. Vi dico alla prossima settimana, e vi auguro e un buon e dolce continuo.

Luce e Amore per tutti voi e per i vostri cammini.
Nicola  

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